FANTASIA E FASCINO (Auto&Design n.181/2009)
In un mondo dell’automobile omologato alla prudenza estetica c’è chi è ancora capace di visioni che vanno al di là del quotidiano. Con Pandion, futuribile coupé 2+2, la Bertone sorprende, affascina e seduce con forme sinuose e inedite, che rendono omaggio ai cento anni del marchio Alfa Romeo. La storia della collaborazione tra Bertone e Alfa è lunga 75 anni ed ha all’attivo tredici concept car e dieci vetture di produzione, dalle sorprendenti B.A.T. degli anni Cinquanta alla Gulietta SS costruita dallo stesso carrozziere torinese, da prototipi come la Carabo sino alla coupé GT tuttora in produzione.
«Il suggerimento di Fiat di realizzare un prototipo celebrativo del centenario è stata quindi accolto con entusiasmo», racconta Mike Robinson, direttore del design dall’agosto scorso, quando Lilli Bertone, vedova di Nuccio, ha ripreso le redini dell’azienda. «Per prima cosa abbiamo deciso di evitare citazioni retrò e di guardare decisamente avanti», prosegue Robinson. «Non è semplice fare un buon design futuribile. Bisogna individuare la linea di confine tra ciò che è banale e ciò che è troppo spinto. Nuccio Bertone sapeva farlo con maestria: nel nostro museo ci sono vetture affascinanti e ancora fresche dopo quarant’anni». Base meccanica del progetto una Maserati GranTurismo (la stessa che sostiene l’Alfa 8C Competizione) con piattaforma a trazione posteriore e motore 4,2 litri da 444 CV, e passo portato da 2942 a 2850 mm. «Abbiamo accentuato al massimo l’architettura con abitacolo arretrato. Il corpo vettura è caricato posteriormente come una fionda tesa, pronta a slanciarsi in avanti alla massima velocità».
Tutte e tre sono state presentate a Lorenzo Ramaciotti, vice president Style del gruppo Fiat, e a Sergio Cravero, all’epoca ad di Alfa Romeo. «Siamo stati ben felici che anche loro, senza conoscere la nostra preferenza, siano stati positivi verso quella che è diventata la Pandion». Il nome indica un rapace, il falco pescatore, caratterizzato da un’ampia apertura alare. Il parallelo con la vettura è quanto mai appropriato, visti tratti fieri dell’anteriore e un’apertura delle porte davvero spettacolare. Sul frontale, niente cromature luccicanti o elementi applicati. Anteriore e coda sono collegati da una fiancata sinuosa, attraversata da una vetratura ad arco continuo che corre da parafango a parafango. La sorpresa arriva quando si sale a bordo. Non ci sono porte tradizionali, a sollevarsi è l’intera fiancata: incernierata sull’arco passaruota posteriore, sale verticalmente raggiungendo un’altezza di oltre tre metri e mezzo. «Bertone è stato sempre famoso per le porte speciali, ne sono un esempio quelle a ghigliottina della Carabo. Abbiamo ricercato appositamente una soluzione di grande effetto.
La coda della vettura è una struttura aperta, formata da quattro pinne longitudinali che abbracciano centinaia di piccole lame a finitura metallica opaca, che si intersecano tra loro come in un cristallo e sembrano distaccarsi e fuoriuscire dalla vettura. Spiega Robinson: «E’ una sorta di dematerializzazione generata dal moto intrinseco della forma, come nella scia di una cometa». All’interno, invece, pannelli laterali e tunnel centrale sono costituiti da un intreccio morbido e sinuoso, ispirato alle radici della vegetazione che ricopre gli antichi templi Angkor. «Il nemico dei designer è la prevedibilità», ammonisce Robinson, da sempre appassionato sostenitore della creatività. Attento, però, al senso della misura, come richiede il suo ruolo. «Nuccio Bertone era un grande innovatore, ma sapeva evitare esagerazioni o stupidaggini. Rimarrà sempre la nostra guida spirituale, quando facciamo qualcosa ci chiediamo sempre che cosa ne avrebbe pensato lui. Io lo chiamo “camminare nelle orme del gigante”».