Progettare un furgone come il Transit è come progettare un’automobile? Sì e no. Lo è da un punto di vista strettamente tecnico e, se vogliamo, procedurale: bozzetti, poi avanti col computer e con i modelli, con un occhio all’aerodinamica e l’altro al trattamento delle superfici, lavorando come per le auto su gruppi ottici e forme scolpite. Ma poi entra in gioco la quantità di modelli, come spiega Andrew Wolton, Exterior Design Manager di Ford Pro: «È molto più complicato rispetto a un’automobile perché è un moltiplicarsi di modelli. Per un’auto, per male che vada, c’è da progettare una berlina quattro porte, un coupé e una wagon.
Da sei a centocinquanta versioni
Per un nostro furgone c’è da lavorare su tre lunghezze differenti, quattro altezze diverse, cabine con una o due file di sedili. È un sistema modulare, che si declina con un numero di modelli che va da 8 a 12». Interviene Jens Sieber, Chief Designer di Ford Pro: «Mettere a punto una versione e poi modificare i parametri per le altre darebbe vita a un prodotto corrotto. Dobbiamo assicurarci, per esempio, che l’aerodinamica funzioni con tutte le varianti». Il Transit originale, 60 anni fa, partì con sei versioni. Wolton sorride: «Oggi, tenendo conto dei Transit che sono camper, ambulanze, autopompe e innumerevoli altre versioni, arriviamo anche a 150 soluzioni diverse».
Spazio, lavoro, riposo
Soprattutto, c’è la ricerca di un equilibrio che nei veicoli per passeggeri è quasi assente: quello fra il comfort di chi lo guida, quindi lo spazio che gli viene dedicato, e lo spazio disponibile per il carico, che è in definitiva l’esigenza fondamentale di un veicolo commerciale. «Quindi non solo funzione – spiega Sieber – ma una forma ibrida di spazio, lavoro e momenti di riposo, al tempo stesso con un forte carattere facile da identificare con il prodotto». «Dinamico ma amichevole, mai aggressivo», interviene Wolton.
Forte identità scultorea
Il Transit, con un design oggi chiaramente ispirato al mondo dei Suv come bene dimostrano le versioni passeggeri della serie Tourneo, ha nelle parole di Sieber «il naso all’insù» non solo per creare un’immagine di capacità ma anche, stilisticamente, per facilitare la fusione del frontale con le fiancate: «Altre cose come la scelta dei colori, la proporzione della vetratura, le linee di carattere danno una forte identità scultorea e una chiara espressione.
Bilanciamento tra emotività e funzionalità
«Tutto questo è una sfida per i designer, molto più che partire da due sedili e un motore V12». «Occorre bilanciare – chiosa Wolton – contenuto emotivo e carattere funzionale».
È certamente un problema perché, se è vero che l’autista ha un carico da trasportare è altrettanto vero che egli prova un senso d’orgoglio per la sua azienda e quindi – ancora Sieber – «l’aspetto del veicolo rappresenta la misura del suo successo personale». Per questo, secondo i designer, sono molto importanti i workshop con i clienti. Ciò ha portato alla nascita di un’intera famiglia Transit, con il Custom ormai modello di punta della gamma.
Comodità per essere efficiente
C’è inoltre il discorso del confort, sempre più importante. Se è vero che il Transit ha ispirato taluni Suv è altrettanto vero che il mondo dei Suv si ritrova oggi nel Transit, a cominciare da certe nuove tecnologie. Ma non solo, spiega Sieber: «La distribuzione dei volumi nella cabina, la posizione del guidatore, lo sterzo, la visibilità. E poi il modo in cui si vive in quell’abitacolo». Interviene Wolton: «Per essere efficiente un autista dev’essere comodo. Quindi non solo i sedili, ma anche le porte, l’accesso al furgone, i portelloni elettrici
(Articolo completo su A&D n. 274)