C’era una volta la Carrozzeria Ghia. Sì, perché oggi il nome Ghia esiste ancora, è la carrozzeria a essere scomparsa, trasformata in uno studio per il design virtuale. Niente più lamiere battute nella sede di via Agostino da Montefeltro, a Torino, che fino al settembre 2002 ospiterà gli unici tre “superstiti”. Tra questi un solo designer, David Wilkie.
Di designer la Ghia ne ha visti transitare tanti, contribuendo a scrivere la storia del car design: Mario Felice Boano, Tom Tjaarda, Giorgetto Giugiaro, per citarne solo alcuni. Qui sono state disegnate auto come l’Aurelia B20 e l’Afa Romeo Giulietta Sprint (passate poi a Pininfarina e Bertone per la produzione), la Maserati Ghibli, la De Tomaso Pantera.
E’ la guerra a infliggere un duro colpo: nel 1943, lo stabilimento viene quasi distrutto e Giacinto muore nel 1944. La direzione va a Luigi Segre: si deve a lui il contatto con Detroit e, più tardi, con la Chrysler, che porterà alle collaborazioni con Virgil Exner. Prima della sua scomparsa (nel 1962 a soli 44 anni) Segre aveva affidato lo stile a Giovanni Savonuzzi e nel 1956 aveva assunto il giovane stilista Sergio Sartorelli. Dopo Segre si susseguono una serie di proprietà tormentate, da Raphael Trujillo a Alejandro De Tomaso, sino all’acquisizione rassicurante della Ford nel gennaio 1973. Da allora lo studio è stato guidato da Flippo Sapino, ritiratosi nell’aprile scorso.
La Ghia non ha mai smesso di produrre design, e con il suo patrimonio di abilità tecnica, ha dato inoltre vita a prototipi disegnati altrove. Poco prima dell’annuncio della ristrutturazione dell’azienda, quasi per ironia della sorte, è stata annunciata la messa in produzione dal 2003 dell’ultima creazione Ghia, la roadster Street Ka presentata a Torino nel 2000.
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