Mazda MX-5 è tra le 7 finaliste candidate al Car of the Year 2016. Vi riproponiamo di seguito l’intervista di Fabio Galvano a Ikuo Maeda (capo del design della casa giapponese) realizzata in occasione del Salone di Parigi 2014, in cui emergono i criteri alla base del design di questa nuova vettura.”
Alla sua quarta generazione, la Mazda MX-5 riflette l’entusiasmo creativo di Ikuo Maeda, oggi responsabile del design della casa giapponese, che già aveva partecipato 25 anni prima alla progettazione della prima serie. Il compito non era facile: si trattava infatti di adattare ai tempi un’icona nel segmento delle piccole spider conservando il fascino delle versioni precedenti; ma anche rispettando parametri di piattaforma utilizzabili da Fiat per la spider che la casa italiana sta sviluppando parallelamente a Mazda. «La nuova MX-5 – spiega Maeda – esprime il nostro design kodo, l’anima del movimento, che è poi il contrasto fra immobilità e movimento, attraverso una forma emozionante e sexy».
I riflessi della carrozzeria cambiano con l’angolazione della luce, dando vita alle forme. «Dal muso più basso del modello precedente – osserva Maeda – e risalendo dai fari, la linea raggiunge un picco all’altezza dei passaruote anteriori e poi si spinge all’indietro inarcandosi sul passaruote posteriore. E’ un movimento fluido, l’anteriore e il posteriore hanno le stesse curvature, la bellezza è data dal muso che si spinge più verso il basso e dalle ottime proporzioni dell’insieme».
Più bassa di 1 centimetro rispetto al modello precedente e più leggera di 100 chili grazie all’ampio uso di alluminio, più corta (3,91 metri) di 10 centimetri rispetto alla MX-5 originale, ma con spazi interni più generosi, la Miata (nome per il mercato americano) è caratterizzata da una posizione più bassa del guidatore, la cui posizione è simmetrica rispetto a volante e strumentazione. «L’importante – dice Maeda – era mettere il guidatore nella posizione migliore. La visuale dal posto di guida è perfetta, si vedono bene i parafanghi e quindi la posizione dell’auto sulla strada».
Non è facile trasformare un’icona. «Non si può conservare il valore dell’originale – ammette Maeda – semplicemente mantenendone l’immagine stilistica. Bisogna anche assimilarne lo spirito, ma al tempo stesso aggiornandolo e riportando anche la nuova versione a livello di icona, rappresentativa del marchio. E questo è stato il mio compito, facilitato da un progresso tecnologico che, per esempio, mi ha dato modo di trovare nuove soluzioni per i gruppi ottici. Quelli posteriori, per esempio, sono rotondi, molto più sportivi, reminiscenti di certe vetture sportive italiane. Sicura-mente contribuiranno ad attirare un pubblico giovane».