Quattro metri e quindici (circa) di spunti contemporanei al punto giusto. Se alcuni si avventurano su percorsi formali estremizzati, costruendo carrozzerie che calamitano gli sguardi con estrosità talvolta forzate, Kia preferisce una dimensione di modernità marcata ma omogenea, aggiungendo alla miscela pochi dettagli armonicamente aggressivi.
Così, sull’ultima nata, che si introduce nel segmento esplosivo delle piccole SUV, i tratti si fanno lineari e puliti, senza sbavature. Non privi di carattere, ma decisamente consensuali. Pochi, indovinati elementi forti (come lo schema della verniciatura bicolore, con il tetto in cinque tinte, o l’andamento grafico delle modanature in basso sulle portiere posteriori) insaporiscono gli equilibri.
Stupisce poi la reinterpretazione della calandra Tiger Nose (peraltro chiusa perché non necessaria al raffreddamento): s’ispessisce e guadagna un’inedita cornice metallica, non più semplice contorno, ma componente tridimensionale capace di creare un disegno ulteriore, un pattern visivo più tagliente ed elaborato.
La Stonic aderisce dunque pienamente alla filosofia coreana secondo la quale le scelte estetiche devono comunicare, per prime, i contenuti qualitativi, raccontando al cliente di una vettura “che vale” senza che questi l’abbia ancora toccata. A proposito, gli interni appaiono ben concepiti sia sul piano dell’ergonomia sia su quello dei materiali, pur senza rivoluzionare gli standard della categoria. In questo progetto il design, senza dubbio, diventa anzitutto un catalizzatore della qualità.