«Assisteremo a un cambiamento nel mondo del car design quando si smetterà di pensare in maniera convenzionale, associando ogni forma a una determinata categoria. Siamo ancora troppo legati alle nostre abitudini, non abbiamo il coraggio di rischiare e di rimettere tutto in discussione». Lo afferma Chris Bangle, come sempre con il tono deciso e ironico che lo contraddistingue.
Lo abbiamo incontrato a Ginevra per cogliere il suo punto di vista sulle vetture esposte e per chiedergli quale sarà, secondo lui, la direzione in cui si sta orientando il car design. Una domanda cui il designer americano aveva di fatto risposto con Reds, concept car presentata a Los Angeles nel 2017, scioccante per le proporzioni quantomeno insolite. «Reds simboleggia la mia volontà di guardare al futuro. Fino a oggi l’automobile è sempre stata concepita come un guscio, con gli spazi interni schiavi della forma e delle proporzioni degli esterni. Ad ogni guscio corrisponde una tipologia, ma per quale ragione una citycar dovrebbe rispettare questi criteri?».
Il fatto che Reds non sia associabile a una categoria, almeno tra quelle viste finora, è lampante. «E’ stata una scelta. L’abbiamo disegnata così affinché ognuno ne legga le forme a piacimento, senza dover per forza aderire a un format prestabilito». Niente aerodinamica, niente prestazioni, la funzione qui si riassume nella praticità e nel reale confort degli occupanti. Il parabrezza retroverso e le portiere perfettamente verticali hanno permesso di sfruttare realmente tutto lo spazio nell’abitacolo.
«Le vetture esposte a Ginevra risultano per la maggior parte assai più convenzionali», prosegue Bangle, che identifica tre macro-categorie: aggressive, neutrali e “sweet and silly”, dolci e frivole. Tra le esperienze a suo avviso più interessanti cita l’architettura dell’ambiente interno di Nucleus, concept della design house Icona, rivisitazione del monovolume in chiave futuristica. A impressionarlo è in questo caso l’asimmetria: «Una volta entrato hai una percezione completamente diversa della realtà e questo è positivo perché porta avanti un concetto non convenzionale di mobilità».
La sensazione di curiosità e shock alla vista di un oggetto nuovo e non uniformato di solito si affievolisce col passare dei giorni. C’è quindi bisogno di tempo per apprezzare una nuova estetica? «Certo. La vera difficoltà è sposare l’innovazione con un’estetica che piaccia alla gente». Un processo di elaborazione del gusto evidente anche con la percezione dei colori: «Negli Anni 70-80 il futuro era argento. Poi Apple ha conquistato il mondo con il bianco: oggi se vuoi fare apparire una forma più moderna la colori di bianco. O magari di blu, come le ruote della Porsche Mission E Cross».
Non si può parlare di futuro senza menzionare la guida autonoma e gli effetti che avrà sul design. Bangle solleva una serie di domande attraverso un ragionamento per immagini, generando questioni nuove sul tema. «Cosa cambia dal punto di vista di un passeggero se oggi a condurre il mezzo è una persona o un computer? C’è una differenza fondamentale: tra gli umani ci sono una serie di interazioni continue che fanno parte del viaggio». E ancora: «Chi vorrà occupare i posti anteriori? Forse saranno quelli meno desiderati, perché spaventano. Perché allora non provare a studiare degli interni dove gli occupanti viaggiano lateralmente? A questo punto bisogna chiedersi: come vuole interagire il passeggero con l’entità che lo sta trasportando? Con la voce? Con un tasto? Quale sarebbe la differenza con l’esperienza di un viaggio in ascensore? Chi di noi vorrebbe rimanere per ore in un ascensore? Bisogna portare il discorso dell’autonomia delle vetture a livello umano, guardandolo dal lato pratico delle persone e non da quello delle macchine. Perché potremmo scoprire che non ci piace per nulla».
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