STILE CLASSICO E DINAMISMO

L’Alfa Romeo Giulietta compie 10 anni, un traguardo che segna anche la fine della sua produzione. Ecco la design story uscita su Auto&Design n. 182.

Presentata al salone di Ginevra 2010, l’Alfa Romeo Giulietta è un concentrato di stile italiano e di gusto Alfa: nelle proporzioni, nel raffinato linguaggio delle superfici, nell’ergonomia degli interni, ovviamente anche nella motoristica. Un po’ “cresciuta” rispetto alla 147, si colloca meglio nell’intervallo fra la Mito e la 159. Per dirla con parole di Lorenzo Ramaciotti, responsabile del design del Gruppo Fiat, mentre Alfa è stata da poco affidata a Marco Tencone, «è una vettura per chi non vuole sacrificare qualcosa pur di avere un’Alfa». Soprattutto, nelle intenzioni dei designer Alfa, è un’auto “più matura”, un “segmento C con qualità premium ben definite”.

«Talora in passato – osserva Ramaciotti – le Alfa erano considerate compatte ma poco abitabili, belle ma scomode: questa vuol essere un’Alfa che mette assieme due mondi, quello del dinamismo e del fascino Alfa, ma anche quello dell’utilizzo completo, senza punti irrisolti». E’ sicuramente più grande della 147 – lunga 4,35, alta 1,46, larga 1,80) a causa sia di una crescita costante e generale di tutte le vetture, sia perché aumentano le dotazioni, fra airbag, condizionatori e quant’altro. «Il vero challenge – dice Ramaciotti – è di farle diventare più grandi e più ricche senza farle diventare più pesanti». La risposta è venuta dallo stile.

«Lo scopo non era quello di fare un’auto supercattiva. Dovevamo alzare la voce anche noi, come i nostri concorrenti? No, la strada scelta è stata quella di una maggiore sofisticazione, di semplicità e proporzioni. Rispetto al panorama di auto gridate, con segni molto pesanti, la Giulietta è estremamente sobria, ha soltanto due segni sui fianchi e due sul davanti». Il grido sta, semmai, nei motori: quattro, tutti turbo e tutti Euro5, due benzina (120 e 170 cavalli) e due diesel (105 e 170 cavalli). Giulietta è figlia di molte costrizioni. La più importante, forse, è l’utilizzo per la prima volta della nuova piattaforma Compact stessa su cui verranno sviluppate tutte le vetture di segmento C del gruppo Fiat, ma anche le Chrysler del segmento più piccolo.

E poi ci sono le normative di urto pedone. «Comportano nuove dimensioni a partire dal muso, che poi si trascinano per tutta la vettura», osserva Alessandro Maccolini, chief designer degli esterni: «La Giulietta è stata la prima Alfa a doversene far carico, anche perché la Mito prendeva già il lavoro che era stato svolto sulla Grande Punto». Senza dimenticare che quella normativa, come sottolinea Ramaciotti, è venuta in fasi successive: «All’inizio riguardava solo il paraurti, adesso si arriva al cofano e al parabrezza». Con tali costrizioni – e non bisogna tacere gli spazi per gli airbag – l’importante era, dice Ramaciotti, «non far vedere lo sforzo che si è fatto, comportarsi un po’ come quegli atleti che riescono a gareggiare col sorriso sulle labbra».

«Nel 2007 – dice Ramaciotti – c’è stata un’ulteriore registrazione davanti e dietro, per fare grafiche leggermente diverse e dare più autonomia rispetto a 8C e Mito, avviando un’evoluzione del tema che altrimenti diventava troppo replicato: era una vettura un po’ chiusa dal punto di vista dei volumi, adesso respira di più». Ramaciotti vede questa vettura come «un unico lenzuolo, una specie di guscio d’uovo»; che poi è tirato su da due creste sul cofano che finiscono nello scudetto flottante (“In questo modo viene percepito come oggetto tridimensionale che consente una grafica più espansa, non è solo un bordino cromato”) e da due segni laterali che marcano le ruote, due baffi che scompaiono sulle porte e riprendono negli archi posteriori con superfici concave che diventano convesse. Ci sono poi passaggi molto delicati, come le linee sopra il trilobo Alfa.

«Mentre gli esterni risentono di un ingrandimento che ci ha fatto lavorare per rendere la vettura più compatta – osserva Maccolini – paradossalmente per gli interni si è fatto un lavoro contrario, uno sforzo per renderli più grandi, più spaziosi». Aggiunge Ramon Ginah, al tempo chief designer Alfa per gli interni: «Abbiamo cercato di ridurre la quantità degli oggetti visibili, di semplificare, di focalizzare l’interesse sugli elementi importanti. La tipologia d’interni a sviluppo orizzontale ha creato un’architettura che suddivide le funzionalità. Nella fascia c’è la zona radio, nella zona di mezzo ci sono i comandi legati alla guida, nella parte inferiore c’è la zona del clima. E’ un aiuto fortissimo per il guidatore».