Pochi giorni fa ci ha lasciati Giuliano Molineri, gentiluomo di grande cultura e profondo conoscitore del mondo del design. Laureato in Filosofia, autore di numerosi libri e articoli sul tema, stratega in comunicazione e marketing, è ricordato da molti per i suoi anni in Italdesign, di cui ha diretto la divisione di industrial design fino al 1999, per il suo impegno per la città di Torino dapprima nel comitato promotore dei XX Giochi Olimpici Invernali 2006 e quindi in qualità di membro ICSID (International Council of Societies of Industrial Design, con sede a Montreal) per la scelta di Torino come prima World Design Capital (2008). Studenti e docenti lo ricorderanno anche per il suo ruolo di Direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Design di Torino dal 2003 al 2008. Tutti noi ne abbiamo applaudito il prestigioso e meritatissimo Compasso d’Oro alla carriera che l’ADI (Associazione per il Disegno Industriale) gli aveva conferito nel 2018 per la sua lunga attività di “promotore e facilitatore del design italiano in uno dei suoi ambiti più riconosciuti al mondo: il transportation design”.
Forse non tutti conoscono, però, il legame che Giuliano Molineri ha sempre avuto con la nostra testata, di cui è stato ideatore alla fine degli anni Settanta insieme al fondatore Fulvio Cinti. La sua cultura e la sua visione sono state determinanti per la nascita di Auto&Design, come abbiamo voluto ricordare nel 2019 in occasione della mostra dedicata ai 40 anni della rivista.
Pubblichiamo qui di seguito il testo – estratto dal catalogo “Il Progetto Raccontato, la mostra dei 40 anni” – con cui Fabio Galvano, altro protagonista della genesi di A&D, ha raccolto la testimonianza di quell’esperienza proprio da Giuliano Molineri, al quale va, insieme a un affettuoso ricordo, tutta la nostra la nostra gratitudine.
AUTO&DESIGN, LE ORIGINI
Si dice che la fortuna premi sempre i coraggiosi. A Fulvio Cinti il coraggio non mancava, quando quarant’anni fa si lanciò nell’avventura di Auto&Design. E la fortuna gli venne appresso. Fu quella di trovare un gruppo di persone che lo affiancarono con dedizione e senza le quali il suo progetto avrebbe subito grandi ritardi e, chissà, forse non sarebbe mai maturato. A parte un manipolo di fedeli amici che sarebbero sempre restati fra le quinte, ma che fornirono incoraggiamento e fondi per l’impresa, e a parte il sottoscritto che diede alla nascita di Auto&Design un impulso giornalistico forse decisivo tenendo anche a battesimo la versione in lingua inglese, due personaggi spiccano per il loro contributo essenziale: Giuliano Molineri ed Eros Sogno.
Molineri, che si era laureato in Filosofia all’università di Torino, dal 1971 al 1973 aveva diretto lo Studio Milani, specializzato in strategie di immagine aziendale, ma all’inizio del 1974 era approdato alla Italdesign di Giorgetto Giugiaro come responsabile di PR, comunicazione e immagine, ma anche direttore della divisione di Industrial Design, un’attività che dal 1981 l’avrebbe portato alla guida di Giugiaro Design (beni semidurevoli, prodotti di consumo, mezzi di trasporto non automobilistici). Ma a quell’epoca i giochi con Auto&Design erano ormai fatti. “Fulvio Cinti – ricorda – aveva già frequentato Giugiaro quando ancora, dopo l’esperienza in Fiat, Giorgetto lavorava in Bertone. Amico assiduo di Nuccio Bertone, del quale ammirava il coraggio e la spregiudicatezza, Cinti era di casa in quell’ambiente. E io, che già da tempo curavo le PR di Giorgetto, così lo conobbi”.
Con le sue entrature nel mondo del design automobilistico Molineri fu in grado di aprire molte porte a Cinti, la cui ambizione – ricorda – “era di conquistare la fiducia dei responsabili di design, convinto che solo in quel modo avrebbe potuto avere notizie semiriservate e accedere a bozzetti che a quei tempi non erano in libera circolazione”. Ma soprattutto, e in questo Molineri gli fornì un robusto appoggio, “voleva sostituire la parola stile con la parola design, convinto com’era che per la nascita di un’auto non si trattava soltanto di forme, ma di un complesso progetto. Voleva in quel modo affrancarsi non solo da Style Auto, il semestrale che aveva avviato senza successo molti anni prima, ma anche da Car Styling, la rivista giapponese fondata da Akira Fujimoto e che a lungo, prima della chiusura pochi anni fa, si è divisa con Auto&Design quella specifica presenza sul mercato”. Molineri scrisse anche alcuni articoli per la rivista, con lo pseudonimo Paul Sybille.
Il gioco a incastro era praticamente fatto. Perché a quel punto entrò in scena Eros Sogno, che sarebbe stato per molti anni l’art director di Auto&Design, disegnandone tra l’altro la testata per i primi 41 numeri e poi quella che dal 1987 accompagnò il nuovo formato della rivista. Cinti l’aveva contattato, per poi scoprire che anche Molineri lo aveva conosciuto all’inizio degli anni 70 allo Studio Milani di Guido Jannon. “C’era da noi anche una divisione grafica, alla cui guida c’era appunto Sogno. Era quello che si potrebbe definire un personaggio: piuttosto chiuso in se stesso, ma con grande serietà professionale, e con un’eccezionale capacità di organizzare il lavoro. Era un artista in ogni senso. Era un bravo pittore. Come grafico era molto capace e aveva già avuto esperienze nel mondo del giornalismo, anche se qualcuno lo riteneva forse un po’ datato. Con Auto&Design conobbe una nuova stagione, vi si impegnò a fondo per molti anni finché le forze lo ressero”.
E’ passata alla storia della nostra rivista la “riunione a tre” (ma doveva essere a quattro, senonché proprio in quei giorni il mio giornale mi aveva inviato all’estero) che si svolse nel Torrione che Sogno affittava a Borgio Verezzi, in Liguria, e in cui l’idea finale della rivista fu sgrossata. “All’epoca – ricorda Molineri – Torino dettava ancora nel mondo del design con la sua creatività diffusa. Ma Cinti non si accontentò di quella scena: visitò tutti i centri stile all’estero, avviò contatti diretti con i loro capi, si sforzò per plasmare l’alone di affidabilità e fiducia che è una delle forze di Auto&Design, puntò anche su un ruolo didattico diventando un punto di riferimento per molti studenti di design in giro per il mondo”. Era una bella squadra, la nostra.
Fabio Galvano, 2019