La Hyundai Santa Fe riconferma ancora una volta la strategia del marchio coreano in fatto di design: rifuggire il family feeling e creare ogni modello con un look a sé secondo il principio dei pezzi degli scacchi, con molti richiami ma poche somiglianze, come Auto&Design ha raccontato nella cover story del no. 263. Abbiamo avuto modo di tornare su questo progetto in una conversazione con Nicola Danza, Exterior Design Manager di Hyundai Motor Europe (lavora al design center di Rüsselsheim dal 2005), che abbiamo incontrato a Milano in occasione del lancio italiano della Santa Fe di quinta generazione.
Come per ogni nuovo progetto, la fase iniziale ha coinvolto i design center Hyundai di tre continenti: oltre a quello europeo, l’headquarter di Namyang in Corea e quello basato a Irvine in California. Un veicolo di quel tipo di solito è mirato soprattutto al mercato americano, ma il team europeo ha voluto giocare quella che Danza definisce una “wild card”, la proposta che non ti aspetti, che ha incontrato il favore del management Hyundai tanto da diventare la base su cui la nuova Santa Fe è stata poi sviluppata in Corea. «Ci siamo detti: di solito i Suv di segmento D sono sportiveggianti, con muscoli, mentre in realtà di sportivo non hanno nulla, perché ricorrere ai consueti espedienti come il tetto basso, il lunotto inclinato? Ok le ruote grandi, ma per il resto cerchiamo di essere onesti. E doveva essere funzionale. Negli Anni 90 c’erano i fuoristrada, che ora si chiamano Suv, come Mitsubishi Pajero, o Suzuki Jimny e Mercedes classe G, che esistono tuttora».
Ecco dunque in parte spiegata l’ispirazione per le forme dichiaratamente “boxy” del nuovo Santa Fe. «Volevamo disegnare una vettura con quattro linee, pulita, quasi un monolite con solo gli archi volta applicati sulla fiancata, una forma che comprendi e ricordi subito, utilizzando anche quello che chiamiamo “low-poly design language”, poligoni molto semplici che si intersecano e creano volumi interessanti. Boxy e pratico infatti non vuol dire facile, abbiamo passato tantissime ora nello sviluppo dei colpi di luce, gli highlights, nella cura di ogni sezione della vettura per dare sensazione qualità nonostante sia un oggetto funzionale, anche per creare un’immagine unica, diversa dalla concorrenza. Abbiamo puntato molto anche sulla personalizzazione la funzionalità porta subito ad immaginare anche una serie di accessori». Un esempio in proposito è la Multi Lantern, torcia versatile che ha meritato il Red Dot Award nella sezione “Product Design: Outdoor and Camping Equipment”, riconoscimento vinto per altro anche dalla stessa Santa Fe nella categoria veicoli.
Bisognava inoltre tenere conto delle nuove tendenze: «Per noi il progetto nasce circa tre anni fa, in un periodo ancora segnato dal covid in cui si è manifestato un trend, soprattutto in Corea, che predilige l’outdoor, il glamping e tutta una serie di attività che vedono l’automobile protagonista. Una tendenza orientale che si riscontra anche in America e inizia ad affermarsi in Europa. Nei miei viaggi in Corea nel tragitto tra l’aeroporto e la città ho visto comparire sempre più insegne di “noleggio camper”. Abbiamo quindi ipotizzato vari scenari iniziali, uno di questi era Stay Wild: ampio spazio per rilassarsi (siamo partiti dall’interno) e spirito outdoor adventure. Con avventura noi intendiamo il creare ricordi, ciò che hai vissuto e che ti resta».
L’interno inteso come spazio da abitare è stato quindi un altro grande pilastro del progetto, interpretato con uno stile che Danza definisce «quasi Bauhaus, con un’ampia plancia orizzontale monolitica che segue un’architettura ad H (ricorda l’iniziale di Hyundai ed è ripresa anche all’esterno in tutti i gruppi ottici). Al centro c’è questo tunnel importante con al di sotto compartimenti organizzati per utilizzare tutto lo spazio in modo funzionale, mentre le sedute sono configurabili ed estraibili. Imponenza, larghezza e presenza sono l’espressione di uno status interno».
Non ultimo: proprio per i suoi aspetti multifunzionali, il progetto di questo veicolo è stato molto divertente per i designer, conclude Nicola Danza. «Nel design partiamo spesso da un sogno e non sempre la vettura iniziale e finale si somigliano. Nel caso di Santa Fe il passo da sogno a realtà è stato decisamente breve».