Più di un anno fa, in un’intervista ad Auto&Design, il responsabile del design BMW, Chris Bangle, anticipò in termini volutamente astratti quella che a suo avviso dovrà essere la filosofia automobilistica del futuro. «L’importante – disse – è cominciare a mettere in discussione i dogmi: qualche volta occorre un grosso martello per smantellarli. Basta convincersi che tutto è variabile e non ci sono forme fisse, che quindi si può sfruttare a proprio vantaggio un approccio più flessibile».
Ma è soltanto ora, con la presentazione della Gina Light – una rivoluzionaria vettura sperimentale il cui rivestimento non è di metallo ma di tessuto argentato elastico – che quel concetto assume forma concreta. Già allora, di fatto, Bangle aveva usato il termine Gina: un acronimo che racchiude il concetto di “geometria in funzione di un numero infinito n di alternative”. Per lui Gina era già una realtà.
Dire che la Gina Light è “un’auto di tessuto”, però, sarebbe perlomeno riduttivo. Certo: il tessuto – tessuto speciale, s’intende, frutto di avanzate tecnologie – è una delle possibilità che quella nuova filosofia apre; ma non è la sola. Il tessuto di questo modello non rappresenta che un modo di visualizzare le variabili del design automobilistico del futuro, quindi un nuovo linguaggio formale.
Questa Gina, di fatto, consente di creare prodotti con forme e funzioni dalle interpretazioni personalizzate, adattate alle varie esigenze dei futuri utilizzatori. Come sintetizza Bangle, «la filosofia Gina consiste nell’essere flessibili, nel pensare in modo flessibile, nell’agire in modo flessibile. E’ il primato del contesto sul dogma».
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