Tre anni fa, quando Hyundai presentò a Los Angeles il concept Seven, si parlò di un assaggio per quello che nel mondo elettrico della casa coreana sarebbe stato in tempi brevi un imponente Ioniq 7, da affiancare ai già esistenti Ioniq 5 e Ioniq 6. Ma quell’esercizio di stile e design piacque tanto che Seven è diventato Nine. Ecco infatti Ioniq 9, ammiraglia EV di Hyundai, il Suv che Simon Loasby non esita a definire «la nostra auto più importante in termini di dimensioni, di raffinatezza, di purezza e semplicità». Insomma, in linguaggio scacchistico, «il nostro re».
Il passaggio dalla concept alla produzione
Loasby è responsabile dello styling Hyundai, braccio destro di SangYup Lee che è a capo del global design del gruppo. Ad Auto&Design, tre anni fa, spiegò che il carattere matematico delle superfici facevano del concept Seven un’auto ”teutonica”. «Ne consegue – spiega oggi – che anche Ioniq 9 è teutonica. Parlando con WooHyun Lee, uno dei designer degli esterni in questo progetto, osservai che eravamo riusciti a mantenere almeno il 90 per cento dello spirito di Seven. E lui mi rispose: ”No, il 99 per cento”. Indubbiamente delle tre EV del gruppo Ioniq, questa è quella che è cambiata meno nel passaggio da concept a produzione».
Tre importanti blocchi filosofici
La cosa più importante, secondo Loasby, è che tutte le Ioniq abbiano gli stessi tre mattoncini filosofici: il giusto approccio a sostenibilità e materiali, il più grande spazio interno del segmento grazie al passo più lungo, il design che Hyundai definisce “parametric pixel” per i gruppi ottici e altri particolari. «La tipologia dei vari modelli può cambiare – dice – come i diversi pezzi degli scacchi, ma ciascuno risponde alle esigenze di un gruppo di clienti. Ioniq 9 è una vettura grossa, 5,06 metri, anche se da fuori non sembra minacciosa e appare avvicinabile. Ma dentro è enorme, un po’ come il Tardis dei telefilm ”Dr. Who” che da fuori è un box della polizia di 2 metri quadrati, ma dentro è un’intera stazione spaziale».
Interni ai vertici del lusso
I primi bozzetti sono stati disegnati dai tre centri di design Hyundai in Europa, Stati Uniti e Namyang. Infine è stata scelta la proposta di WooHyun Lee, del centro di design Namyang in Corea. Sulla base di quel disegno è stato sviluppato il concept Seven e, infine, la Ioniq 9 è stata progettata da WooHyun Lee e HyungSoo Lee. Lo studio europeo, invece, ha contribuito fino all’ultimo – Nico Mukler e Raphael Bretecher – agli interni che toccano vertici di lusso inevitabili per una vettura che ha non poche pretese: i sedili completamente reclinabili e dotati di poggiagambe (girevoli quelli della seconda fila, per formare un salottino con la terza fila), la consolle centrale che all’occorrenza scorre all’indietro, i materiali ecologici e riciclati, il display panoramico curvo con due schermi in una plancia che più lineare non potrebbe essere.
Silhouette “Aerosthetic”
Basata sulla piattaforma E-GMP (Electric-Global Modular Platform) già utilizzata per le altre Ioniq e dovutamente allungata, Ioniq 9 è, nonostante le grandi dimensioni, un piccolo miracolo di aerodinamica per un Suv (il Cx è di 0,259). Il che, a seconda della configurazione del powertrain, garantisce un’autonomia fino a 620 chilometri. Loasby è convinto che questo sia dovuto al profilo «unico» della vettura, con un cofano corto, il parabrezza molto inclinato, il punto più alto del tetto sopra la seconda fila di sedili, la coda tronca («come in una barca») dopo la terza fila, nella silhouette che i designer definiscono “Aerosthetic”.
Semplicità e purezza
E non bisogna dimenticare i gruppi ottici. Quelli del frontale sono affidati ai pixel così cari ai designer Hyundai. Così coreani: piccoli quadratini che, nell’alfabeto introdotto da re Sejong nel 1446, equivalgono alla nostra lettera “M” e che, sistemati in una varietà di composizioni, sono ormai diventati un riconoscibile stilema della serie Ioniq. Ma non è il solo marchio di coreinità. «Nella fiancata – sottolinea Loasby – la piega di cintura proveniente dal parafango anteriore si impenna a 45 gradi quando raggiunge il posteriore: come il classico hanbok, l’elegante vestito formale coreano dove il colletto è formato da una lunga linea diagonale che ne ricopre un’altra più piccola, anch’essa diagonale. Semplicità e purezza, come lo stesso SangYup Lee predica sempre».
(Articolo completo su A&D n. 270)